Il nome di Citerna è detto derivare da numerosi cisterne per la raccolta dell’acqua piovana (circa sette) oppure da Citerea, un’appellazione di Venere (la dea della bellezza e dell’amore), a causa della forma del colle, che aveva due “colli” stretti che apparivano, agli occhi poetici latini, come due piccoli seni di una donna.
Citerna, di origine etrusco-romana, fu una delle fortificazioni bizantine costruite in questo angolo della Valle Superiore del Tevere tra il VI e il VII secolo. Per lungo tempo abitata dai Romani e conosciuta come Civitas sobariae, fu distrutta intorno al 550 d.C. dai Goti, insieme a Città di Castello. Successivamente (600 d.C.) passò sotto il dominio dei Longobardi di Arezzo, diventando un avamposto longobardo nella terra umbra.
A causa della sua posizione strategica, Citerna fu sempre contesa tra l’Arezzo ghibellino e il Guelfo Città di Castello. Dopo la sconfitta dei Longobardi da parte dei Franchi, l’area di Citerna fu assorbita dalla proprietà dei marchesi di Monte Santa Maria Tiberina e dei signori del luogo, i “Da Citerna,” loro vassalli, come attestato in un documento del 1081. Citerna divenne un feudo dei marchesi di Colle, sottomessi a Città di Castello nel 1199 e nel 1273.
All’inizio del XIV secolo, Citerna era governata dai Tarlati di Pietramala, una nobile famiglia di origine longobarda che si stabilì ad Arezzo e raggiunse l’apice del potere quando il ghibellino Guido Tarlati, che alcuni descrissero come un conquistatore spietato, fu vescovo e signore di Arezzo. Dai Tarlati, il governo di Citerna passò ai Malatesta, che rimasero signori fino al 1463, quando Sigismondo, con un trattato, cedette il potere allo Stato pontificio.
Nel 1500, dopo molte vicissitudini, il paese fu concesso in vicariato alla famiglia Vitelli di Città di Castello. Sotto il loro signorato, che durò fino alla fine del secolo successivo, Citerna, grazie alla costruzione di palazzi e monumenti nobili, visse il suo momento di maggiore splendore. Nel 1860, fu la prima città umbra a far parte del Regno d’Italia, e nel 1849, ospitò Giuseppe Garibaldi mentre si ritirava verso Ravenna.